PALOMBARI FOSSILI A poca distanza dal passo delle Radici, lungo la dorsale che dal crinale principale scende verso nord a dividere le valli dello Scoltenna (bacino Panaro) da quella del Dragone (bacino Secchia), si staglia una piccola vetta dall’aspetto caratteristico: un’isola di roccia lavica, in un mare di montagne fatte di rocce sedimentarie. E’ il SASSO TIGNOSO. La sua quota relativamente bassa (1492 m s.l.m…facile facile da ricordare) è compensata dalla sua posizione isolata, per cui dalla vetta è possibile godere di un vasto panorama a 360° dal crinale appenninico alle Alpi, dal Cimone al Cusna, dall’Abetone alla Pietra di Bismantova. Ai suoi piedi, fra faggete e pascoli, scorre uno dei tratti più belli dell’antica via Vandelli, strada transappenninica voluta da Francesco III d’Este, Duca di Modena, e realizzata dall’eclettico abate Domenico Vandelli. La vetta si può raggiungere in breve tempo dalla Vandelli per la via diretta, più impegnativa perché in parte su ripidi canalini con fondo detritico e rivolta sul versante meridionale, molto caldo in estate, oppure per il versante nord (sentiero CAI 565), dove la salita si presenta più graduale e soprattutto può essere effettuata sotto l’ombra della faggeta. Il nome Tignoso è dovuto all’aspetto particolare del rilievo, a causa della natura delle rocce che lo compongono: il loro colore scuro che facilita il surriscaldamento in estate, il chimismo ultrabasico e la difficoltà alla formazione di un suolo strutturato, rendono difficile l’attecchire della vegetazione. 200 milioni di anni fa un piccolo bacino oceanico, l’oceano Ligure-Piemontese, separava la placca africana da quella europea. L’apertura dell’Oceano Atlantico alle spalle della placca africana e il suo conseguente avvicinamento a quella europea hanno portato alla chiusura dell’oceano Ligure-Piemontese e alla nascita delle Alpi prima e dell’Appennino poi. Il Sasso Tignoso non è altro che un frammento di quell’antico pavimento oceanico…l’escursionista che cammina sulla sua vetta è come un palombaro…fossile. Davide Pagliai Guida Ambientale Escursionistica La via dei monti
TUTTE LE STRADE PASSANO DA BOMBIANA (almeno nel Medioevo) Bombiana è una frazione del comune di Gaggio Montano e dista circa 6 km dal capoluogo. La zona oggi è quasi appartata rispetto alle località vicine e neanche tanto popolosa, ma non era così nel Medioevo: l’area bombianese era un vero crocevia, sia stradale che politico visto che era posta al confine tra le zone del Bolognese, Modenese e Pistoiese. A Bombiana si incrociavano due strade transappenniniche di grande importanza; le due strade avevano a dire il vero origine romana, ma rimasero aperte anche nel Medioevo tanto che vennero addirittura servite da numerosi ospitali per i pellegrini. La via importante che attraversava Bombiana era la Via del Reno che univa Nonantola a Monteveglio e a Pistoia, ma che aveva due diramazioni da Modena e da Bologna, entrambe toccando Bombiana ma poi allontanandosi, dirigendosi la prima verso la Val Limentra e il passo della Collina e la seconda, invece, verso Gaggio Montano, Fanano e il Passo della Croce Arcana. Molte personalità del tempo avevano interessi sulla zona di Bombiana: la contessa Matilde di Canossa, la Santa Sede, il monastero toscano di San Salvatore della Fontana Taona e anche l’ Abbazia di Santa Lucia di Roffeno. Svolgendo importanti funzioni sociali quali ospitalità ai pellegrini, manutenzione delle strade e ponti, queste fondazioni religiose ricevevano cospicue donazioni di terreni sia da persone potenti che da semplici abitanti che da viaggiatori: in questo modo monasteri ed abbazie controllavano il territorio e ne influenzavano l’ economia. Importanti erano anche gli ospitali presenti sul territorio: l’ospitale di San Biagio poteva essere sorto per opera dell’ Abbazia di Santa Lucia di Roffeno per controllare meglio la Via Cassiola (Piccola Cassia) e per bilanciare l’ influenza nella zona del monastero di San Salvatore della Fontana Taona e dell’ ospitale di San Bartolomeo del Pratum Episcopi (Spedaletto). L’ospitale di San Biagio già nel XVI secolo era in rovina e l’ altro ospitale bombianese di San Michele Arcangelo era scomparso senza lasciare tracce visibili nel Cinquecento. A parte l’importanza delle strade transappenniniche, Bombiana fu importante anche per la costruzione, da parte del Comune Bolognese, della fortezza di Castel Leone sulla cima di Monte Castello. Fu probabilmente costruita intorno al 1230 a dominio della valle del Reno e del Dardagna e doveva essere d’aiuto alla fortezza costruita su Monte Belvedere che difendeva la Valle del Dardagna. In queste due fortezze furono trasferiti forzatamente abitanti dei paesi vicini: a Castel Leone arrivarono abitanti di Rocca Pitigliana e Gaggio Montano, al Belvedere quelli di Vidiciatico, Grecchia e Gabba. La fortezza di Castel Leone aveva una chiesa dedicata a San Giacomo e contava ben 86 capifamiglia residenti. All’ interno del castello c’era una casa dove risiedeva il podestà, podesteria attiva fino al 1288; alla fine del secolo venne però trasferita a Rocca Pitigliana e Castel Leone scomparve definitivamente. In effetti, terminata la politica espansionistica di Bologna verso Modena e con la città sconvolta dalla carestia, non aveva più senso mantenere uomini, guardie ed armi, e un podestà con la sua famiglia, i funzionari, i servitori in uno sperduto castello montano. Scopri tutte le nostre escursioni sul sito www.laviadeimonti.com Fabrizio Borgognoni Guida Ambientale Escursionistica La via dei monti
ALLA LOCANDA DEL PAESE Ogni paese, grande o piccolo che sia, sul cucuzzolo della montagna o a ridosso degli Appennini ha una locanda. Gaggio Montano e le sue frazioni non fanno eccezione; e per raccontare la storia delle locande di paese bisogna partire da molto lontano. Se torniamo indietro nel tempo, Medioevo o giù di li, il nostro Appennino era percorso principalmente da viandanti, persone che si spostavano in cerca di lavoro o pellegrini che percorrevano un cammino di devozione. Antesignani delle locande erano quindi gli ospitali, utilizzati da tutti i viandanti per sostare; a Bombiana esisteva l’ ospitale di San Michele, posto in un crocevia importante di strade (ma di questo parleremo nell’ escursione del 8 agosto). Se facciamo un salto avanti nel tempo e arriviamo alla fine dell’ Ottocento, il nostro Appennino non sarà più percorso da viandanti e pellegrini ma verrà scoperto dalle persone in “villeggiatura”: i Bagni della Porretta diventano una meta irrinunciabile per chi vuole rigenerare corpo e mente dalle fatiche quotidiane. Quindi anche le strutture ricettive (locande, pensioni, osterie) si adeguano alle esigenze del viaggiatore moderno e assumono l’aspetto che conosciamo diventando veri e propri luoghi di aggregazione. A Gaggio Montano, questo luogo di aggregazione fu per molto tempo la trattoria-locanda Margelli, aiutata dal fatto che fino agli anni Sessanta del secolo scorso era accanto agli uffici comunali. L’azdora si chiamava Amelia: i miei nonni me la descrivevano come una signora piccolina, con occhiali dalle spesse lenti, che trascorreva l’ intera giornata nella cura dell’ “esercizio”. Davanti ad un largo fornello, l’ azdora alternava tegami e pentole, mescolando, scodellando le saporite ricette. La cucina divideva lo spazio con la sala da pranzo, uno stanzone unico nel cui centro troneggiava una stufa di terracotta a quattro ripiani, marca “Becchi” che riscaldava l’ambiente. A parte i tavoli, l’altro elemento d’ arredo era un cassettone antico, a sinistra dell’ entrata, contenente tutto il necessario per apparecchiare i tavoli. La locanda dell’ Amelia lavorava tutto l’ anno: d’ estate con le feste paesane, in autunno e primavera grazie ai capofamiglia che si recavano in Comune per le varie denunce stagionali e in inverno, nei lunghi pomeriggi quando la natura imponeva di fermarsi per le abbondanti nevicate, combriccole di paesani si trovavano alla trattoria per partite a carte, per bere qualche bicchiere e per lunghe chiacchierate. Ad allietare questi pomeriggi, così almeno raccontava nonno Antonio, c’erano Alfonsino , esperto di fisarmonica, e Cirillo, con il violino. Due curiosità per finire: da Amelia non si andava solo per chiacchiere e bevute, ma anche per necessità: era in trattoria, infatti, l’ unico telefono pubblico del paese e della campagna a cui si ricorreva per comunicare notizie importanti. E poi, Amelia non permetteva a nessuno di toccare la caffettiera. Il suo caffè, per aroma e sapore, era una vera celebrità tra i gaggesi. Il caffè, parola di Amelia, per essere buono davvero deve formarsi nella sua stessa incrostazione; guai a “sgurare” troppo la napoletana! Fabrizio Borgognoni Guida Ambientale Escursionistica La via dei monti Visita il nostro sito per scoprire le nostre escursioni.
LA NONNA RACCONTA…TROVAR MARITO A SAN GIOVANNI (24 giugno) Capugnano adesso è un piccolo borgo vicino a Porretta Terme (ora Alto Reno Terme), ma un tempo era un paese grande e popolato; a Capugnano viveva nonna Iolanda e i suoi racconti mi hanno tenuto compagnia quando ero piccolo. Nonna Iolanda mi raccontava che, ai suoi tempi, per una ragazza in età da marito era importantissimo trovare un buon marito perché dalla scelta sarebbe dipesa tutta la sua vita. Non molto diverso da ora, direi, ma considerate che ai tempi le possibilità non erano quelle di oggi quindi la scelta doveva essere ponderata e molto molto importate. Per far sì che la scelta fosse la migliore possibile era necessario intravedere nei vari segni della natura importanti presagi. Ad esempio, in primavera il canto del cuculo è premonitore di quanti anni separano la ragazza dal matrimonio: opportunamente interrogato, e contati il numero dei “cucù” questi indicavano il numero di anni che bisognava ancora aspettare. Ma era soprattutto la notte di San Giovanni (24 giugno) ad essere importante:notte di prodigi con molteplici tradizioni legate a questa data, in modo particolare legate alla rugiada (la guàza). La rugiada di San Giovanna era ritenuta benefica per guarire da ogni male, in particolare per reumatismi e artriti. Per guarire bastava farsi bagnare dalla rugiada, anche se alcune versioni riferiscono che per guarire bisogna camminare a ritroso scalzi nell’ erba bagnata dalla guàza. Ma torniamo alle ragazze da marito e ai presagi importanti che possono trarre da questa notte. La notte della vigilia di San Giovanni, bisogna mettere in un litro d’acqua l’albume di un uovo, metterlo alla guàza e alla mattina successiva bisogna andarlo a prendere prima che si alzi il sole. Nell’ albume sarà possibile vedere il mestiere che farà il futuro marito. Quindi attraverso una misteriosa figura che dovrebbe vedersi nell’albume, con il contributo non secondario delle virtù miracolose della rugiada, si potrà determinare lo stato di maggiore o minore benessere degli sposi. Anche perché, nonna Iolanda ci teneva a ricordarlo spesso, la ragazza che andrà in sposa ad un montanaro sarà disgraziata e piangerà finché vive. La ragazza che invece sposa un contadino sarà fortunata; questo semplicemente perché sposando un montanaro bisognerà vivere con la scarsità e la limitatezza dei prodotti delle montagne, se non solo di castagne. Sposando un contadino, le cui terre si presume siano situate in luoghi meno aspri, si potrà godere di una vita, se non agiata, almeno non fatta di sole castagne ma anche di cereali e in alcuni casi anche di vigna. Fabrizio Borgognoni Guida Ambientale Escursionistica La via dei monti Visita il nostro sito per scoprire le nostre escursioni.
Week end 6-7 Giugno. Cosa ci aspettiamo dal meteo? Primo weekend dell’Estate meteorologica (per convenzione, le stagioni meteorologiche iniziano il 1 del mese, non corrispondono ai solstizi e agli equinozi delle stagioni astronomiche). La situazione meteo è però ancora di stampo primaverile, seppure per fortuna in miglioramento nel corso del fine settimana. La cartina si riferisce alle ore centrali della giornata di sabato 6 giugno. La Depressione “Katharina”, responsabile del maltempo di giovedì e della instabilità di venerdì, va attenuandosi, e si allontana verso la Penisola Balcanica. Le alte pressioni estive sono però ancora ben lontane dalle nostre zone (Anticiclone delle Azzorre evidenziato in giallo e Anticiclone nordafricano in rosso), inoltre le varie Depressioni presenti sul Nordeuropa favoriscono la presenza di aria abbastanza fresca per il periodo, anche in Italia (sulle Alpi Orientali vi sono state locali nevicate, intense in quota nella zona dolomitica). L’Appennino emiliano nel fine settimana vivrà quindi un meteo tipicamente variabile e primaverile, non molto stabile ma nemmeno brutto. Le correnti in quota da sudovest manterranno i cieli nuvolosi, con momenti soleggiati alternati ad addensamenti minacciosi, ma le piogge eventuali dovrebbero essere solo locali, non compromettendo le nostre escursioni. Se intraprendete escursioni senza guida, attenzione ai banchi di nebbia sui sentieri ad alta quota, dovuti agli addensamenti di nubi sui crinali (e localmente anche nelle valli più addossate allo spartiacque tosco emiliano). Anche il vento da sudovest, Libeccio, solo debole o moderato nelle valli ma a tratti intenso sulle creste, potrebbe costituire un problema se si affrontano escursioni non adeguatamente attrezzati. Riassumendo, sulle nostre montagne sarà un weekend primaverile gradevole: venite pure a trovarci senza paura di un forte maltempo che non ci sarà, ma se venite non fatevi cogliere alla sprovvista dalle temperature fresche. Da qui potete scoprire le nostre prossime escursioni in programma
Domenica 13 Novembre 2022 – ore 9.30 Levanto...
Sabato 15 Ottobre 2022 – ore 9.15 Passo delle...
Domenica 2 Ottobre – ore 9.00 Magrignana ...