Sulla via degli acquedotti da Lucca e Pisa

Se devo trovare, nell’ambito delle scienze tecniche, una disciplina che riporti alla mente la cura per il territorio, quella che a mio parere più si addice è l’idraulica.

 

Ci vuole pazienza, spirito di osservazione, passione e spiccate doti di razionalità per capire come l’acqua si comporti dal momento che, da pioggia, si posa sulle forme di un territorio e le va a percorrere.

 

Gocciolando dalle foglie degli alberi, scendendone i tronchi, permeando il terreno fino alle falde più profonde o percorrendolo in superficie secondo le sue inclinazioni; resa più veloce e vigorosa da un salto di roccia o trattenuta nella sua forza prorompente dalle trame fittissime delle radici dei salici che solo in apparenza si piegano alla sua forza, ma in realtà la imbrigliano frenandone la corsa.

 

La meraviglia che mi ha colto percorrendo il lungo cammino degli acquedotti da Lucca a Pisa è stata principalmente dovuta al senso di profonda cura per il territorio, di amorevole attenzione nei riguardi di una risorsa preziosissima raccolta goccia a goccia e che goccia dopo goccia ora convogliata laddove serve, ora allontanata da dove si accumuli pericolosamente, che trasuda dalla razionale materialità delle opere idrauliche dei due acquedotti del Nottolini e mediceo.

 

Paragone che stride con le notizie, sempre all’ordine del giorno, di condotte colabrodo dei moderni acquedotti e di pratiche illogiche di gestione idraulica del territorio (vedi ad esempio la tanto sbandierata “pulizia dei fiumi”).

 

Il cammino, circa 25 Km con poco più di 600m di dislivello, può essere percorso sia in una sola giornata, sia suddividendo il tragitto in due tappe da circa 8 e 17 Km con sosta nella bella conca di Vorno.

 

In entrambi i casi il mio consiglio è quello di seguire il verso Lucca-Pisa per affrontare la salita sul versante lucchese, più favorevole per quanto riguarda l’asperità della salita oltre che per l’esposizione settentrionale che lo rende più fresco.

 

Oltrepassata la stazione tramite il sottopasso si imbocca subito via del Tempietto che gradualmente ci porta dall’ambiente urbano a quello agricolo (il nome è dovuto alla struttura che fungeva da serbatoio per l’acqua in arrivo, simile appunto ad un tempietto).

 

I primi 3,5 Km si percorrono in linea retta seguendo gli archi dell’acquedotto del Nottolini. La campagna intorno è gradevole.

 

Arrivati a Guamo siamo di fronte ad un secondo “tempietto”: il serbatoio da cui l’acqua, divisa in due diverse canalette (una con l’acqua di polla, più pura destinata all’uso potabile, l’altra con l’acqua di drenaggio superficiale destinata alle fontane monumentali), partiva verso la città di Lucca.

 

Qui voltiamo a sinistra sempre seguendo il percorso dell’acquedotto che qui diventa interrato (si vedono bene i pozzeti di filtraggio in mattoni).

In pochi minuti giungiamo alla località detta “alle parole d’oro”, il cui nome è dovuto ad un’iscrizione commemorativa ricoperta da lettere in ottone che i contadini locali scambiarono per oro.

Qui convergono le acque raccolte nella Serra vespaiata attraverso un elegante sistema di drenaggio.

 

Dalle Parole d’oro inizia il tratto in salita che in circa 2 Km abbastanza agevoli ci porta alpunto panoramico della Gallonzora, affacciato sulla piana lucchese e sui contrafforti appenninici del gruppo Giovo-Rondinaio-Tre Potenze.

Si scende quindi verso l’ampia vallata di Vorno, con lo sguardo già verso i rilievi che ci aspettano.

a Vorno si può sostare se si vuole suddividere il cammino in due tappe.

 

Lasciandosi alle spalle il paese si risale la valle dapprima su via asfaltata poi su sentiero a tratti ripido ma molto suggestivo. Quando la parte più ripida della salita cede il passo a pendenze meno accentuate già si intuisce di fronte a noi l’imponente sella del valico di Campo di Croce.

 

Superato il valico si inizia a scendere sul versante pisano, dove il leccio la fa da padrone. La discesa è agevole fino alla foce di Pennacchio. Da qui il sentiero scende più ripido fino alla località Scarpa d’Orlando, dove si incontra la prima presa che capta una delle numerose sorgenti destinate ad alimentare l’acquedotto mediceo verso Pisa.

Dalla scarpa d’Orlando si segue l’antica condotta interrata fino al “Cisternone” il grande edificio in cui le acque venivano accumulate e fatte decantare dopo essere state depurate con passaggi attraverso la ghiaia del Serchio, sulla cui facciata campeggiano ancora le sei palle dell’arma dei Medici.

 

In pochi minuti siamo ad Asciano dove imbocchiamo la via Condotti che in circa 4 Km, ancora perfettamente rettilinei, ci porterà fino a piazza delle Gondole, punto di arrivo dell’acquedotto mediceo.

Le gambe a questo punto sono stanche. Soprattutto se si è fatto il percorso in un’unica tappa.

Però…il Campo dei miracoli vale bene una passeggiata supplementare nel centro di Pisa.

 

Davide Pagliai

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