C’ERA UNA VOLTA A GAGGIO, IL CAPODANNO…OVVERO COME FARE PER AVERE FORTUNA E POSPERITA’ PER TUTTO L’ ANNO A Gaggio Montano, ma come in tutti gli altri paesi della montagna, molti riti e superstizioni si ritrovano in quella tradizione contadina legata al ritmo delle stagioni. Quindi, anche le festività, o meglio i riti legati alle festività potevano indicare come sarebbe stato l’anno. Il Capodanno può essere senz’altro una data importante e molte sono le tradizioni, gli usi che si compiono per salutare l’anno vecchio e festeggiare l’anno nuovo. In molte parti d’ Italia è usanza gettare oggetti vecchi ed inservibili; a Gaggio Montano c’era fino agli anni 50 del secolo scorso l’usanza con presagi matrimoniali per le giovani donne in cerca di marito di gettare fuori di casa il primo dell’anno una ciabatta: se rimane con la punta verso chi la tira, anche per l’anno nuovo non si troverà marito; se invece la punta resterà all’ opposto la giovane troverà marito. E’ una scelta precisa l’oggetto da tirare fuori di casa: la ciabatta, la calzatura per eccellenza di chi sta molto in casa e si dedica alle faccende domestiche, per cui è la calzatura tipica di una ragazza in età da marito. Ma sono soprattutto gli incontri che faremo il primo giorno dell’anno a determinare la fortuna o la disgrazia che ci accompagneranno per i restanti giorni. Uno dei convincimenti più diffusi è certamente quello che incontrare una donna il primo di gennaio porti sfortuna, tanto più se è lei per prima ad augurare buon anno. Sempre a Gaggio Montano troviamo un’usanza fino alla metà del secolo scorso molto rispettata, ovvero proibire ad una donna di recarsi il primo dell’anno da chicchessia per augurare il buon anno. Infatti se una donna verrà in casa il primo dell’anno le disgrazie ci accompagneranno per tutto l’anno. Allo stesso modo, anzi peggio, non bisognerebbe incontrare un sacerdote o il becchino del paese: entro l’anno sarà morte certa. Ma quindi chi bisogna incontrare il primo dell’anno per avere 365 giorni fortunati e senza disgrazie? Un uomo, o meglio ancora un uomo gobbo, perché porterà denaro e raccolto abbondante; ma non una donna gobba perché, trattandosi di donna, porterà solo disgrazie. Scopri il nostro calendario di escursioni in Appennino Fabrizio Borgognoni Guida Ambientale Escursionistica La via dei monti
Le escursioni ai tempi del coronavirus Gaggio Montano è l’ unico paese in Appennino in cui possiamo ammirare un faro…proprio un faro, di quelli con la parabola che servono a guidare le navi nelle notti di tempesta. Il grande blocco ofiolitico che sovrasta il paese è visibile da ogni via di accesso, e il faro fu costruito nel 1952 su progetto dell’Ing. Rinaldi per onorare i caduti di tutte le guerre. Nell’intento del suo progettista, questo faro voleva essere un esempio, il primo nella provincia di Bologna, della possibilità offerte dalla lavorazione del cemento precompresso. L’ Ing. Rinaldi era segretario dell’ Associazione internazionale del cemento precompresso. Ma la vetta di questo blocco ofiolitico merita di essere ricordata per altre vicende storiche, infatti è del XIII secolo la costruzione da parte del Senato Bolognese di una possente Rocca per proteggere i confini. Intorno al 1307 il domino sulla rocca di Gaggio divenne motivo di un’ aspra guerra tra la comunità gaggese e i conti di Panico, alleati ai conti di Montecuccoli (il castello di Montecuccoli si trova nell’ appennino modenese) che posero in stato d’ assedio il paese. Oltre due mesi di strenua resistenza dei gaggesi (e aiutati da un autunno molto piovoso e freddo) fecero desistere le milizie assalitrici che abbandonarono l’ assedio. Il valore dimostrato della popolazione di Gaggio arrivò fino al Senato Bolognese tanto che il capitano Zambrino da Gaggio divenne capo dell’ esercito. Le rivalità però non si sopirono e ci furono guerre ed assedi, fino a quando intorno al XVI secolo, il Senato Bolognese decise che la rocca di Gaggio, insieme a quella di Rocca Pitigliana, non sarebbe stata più usata come linea di difesa contro il territorio confinante modenese, in particolare del Frignano. L’ amministrazione comunale passò nelle mani di un Massaro che fece costruire sulla cima del Sasso una casetta munita di campana: lo scopo principale di avere una campana civica era quello di avvertire la popolazione in caso di pericolo; la rocca di Gaggio era stata costruita con il fronte a sud e faceva corpo con l’abitato principale del paese: ai piedi della rocca si trovavano la chiesa, il comune e le abitazioni delle famiglie più importanti: i Tanari, i Capponi e i Morelli. Ci si rese conto presto che una campana, una GRANDE campana, posta in cima al Sasso poteva essere sentita anche dalle case più lontane (oggi si chiamerebbe periferia) in quanto il suono delle due campane della chiesa non poteva arrivare fino alle ultime abitazioni del paese. Nella campana sono raffigurate alcune immagini:lo stemma della famiglia Tanari, la Madonna con il Bambino e San Giovani, al quale è dedicata la campana. Troviamo anche riportata la data della prima fusione e i nomi di chi la fece rifondere: la campana fu rifatta intorno al 1600, poiché danneggiata da un fulmine e il comune era retto dai Massari Francesco Magnanino e Bernardo Tanari. E per finire due parole sul campanaro. L’ultima campanara di Gaggio, Silvia Rubini detta l’Ersilia, aveva l’ incombenza (tra le altre cose) di suonare il mezzogiorno, un compito non facile: una quotidiana fatica per salire i cento gradoni con qualsiasi tempo fin sulla cima del Sasso e oggettivamente non era facile determinare QUANDO era mezzogiorno in un’ epoca in cui pochissimi possedevano un orologio. Nei primi decenni del ‘900, l’imminente mezzogiorno veniva segnalato ad Ersilia dalla meridiana della Chiesa; nei giorni di nuvolo, pioggia o neve si dice che la campanara avesse altri riferimenti naturali e mai abbia sbagliato a suonare il mezzogiorno. Aveva poi il compito di suonare le campane quando si avvicinava la tempesta; la tradizione popolare affida alla campana questo potere “ A fulgure et tempestate libera nos Domine”. Quando il cielo diventava scuro e si prevedeva tempesta, l’Ersilia partiva e dopo dopo si sentivano i rintocchi della campana. Comunque andasse, la campanara non sbagliava mai: se pioveva, voleva dire che aveva avvisato per tempo la popolazione; se invece il tempo diventava bello e non pioveva, voleva dire che il potere della campana aveva funzionato. Per questo lavoro supplementare non percepiva stipendio, ma dopo la trebbiatura l’Ersilia faceva il giro di tutte le famiglie di Gaggio che, in segno di gratitudine, le davano un po’ di grano. Fabrizio Borgognoni Guida Ambientale Escursionistica La via dei monti Questo articolo fa parte del ciclo di storie “Le escursioni ai tempi del coronavirus”: una raccolta di aneddoti, racconti e nozioni naturalistiche online a cura delle Guide Escursionistiche de La via dei monti, per tenervi compagnia in questo momento di digiuno dalle escursioni. Leggerli sarà come partecipare ad una camminata virtuale con le nostre guide, pur restando a casa, in attesa di ritrovarci presto per sentieri.
Domenica 13 Novembre 2022 – ore 9.30 Levanto...
Sabato 15 Ottobre 2022 – ore 9.15 Passo delle...
Domenica 2 Ottobre – ore 9.00 Magrignana ...