Ho iniziato a seguire la popolazione di aquila reale dell’Appennino modenese nel 2004, partecipando in qualità di tecnico incaricato per il territorio del Parco del Frignano ad un progetto regionale di conservazione della specie che vedeva coinvolte tre aree protette di crinale.
I primi passi sul campo li ho mossi grazie alle indicazioni preziose di Giorgio Nini, un appassionato naturalista ed eccellente fotografo (non solo per la qualità delle fotografie ma anche e soprattutto per la discrezione e il “senso del selvatico” con cui si muove sul campo) che dei rapaci d’Appennino conosce ogni singola penna.
Insieme a Giorgio abbiamo realizzato nel 2010 la pubblicazione che qui trovate scaricabile in pdf Aquila reale nel Parco del Frignano
Nella sezione “letture” trovate alcuni testi consigliati e guide di campo per saperne di più sull’aquila reale e sull’avifauna.
Se invece desiderate programmare escursioni o trekking nelle praterie dove caccia l’aquila reale o pacchetti di educazione ambientale a tema per classi di tutte le età potete contattarmi.
L’aquila reale (Aquila chrysaetos Linnaeus, 1758), unica specie del genere Aquila nidificante in Italia, è un rapace diurno appartenente all’ordine del Falconiformi e alla famiglia degli Accipitridi. Il nome scientifico significa letteralmente “aquila dorata” ed è dovuto alla caratteristica colorazione del capo.
La popolazione italiana è stimata in 476-541 coppie, delle quali solo 57-69 nidificano in Appennino (Fasce & Fasce, 2003).
L’aquila è un uccello territoriale. Ciascuna coppia controlla un proprio territorio, le cui dimensioni in contesti appenninici possono arrivare anche a 350 Km2, in cui si trovano le aree di caccia e i vari siti di nidificazione, solitamente localizzati nella cosiddetta “core area”.
I siti di nidificazione (nidi) sono sempre più d’uno per la stessa coppia perché in genere il sito prescelto per la deposizione cambia di anno in anno. Questo pare sia soprattutto un adattamento difensivo, una sorta di quarantena, nei confronti dei parassiti che possono proliferare all’interno del nido.
La cova e il successivo svezzamento dei pulli occupano diversi mesi. Solitamente le uova (2-3) vengono deposte a fine marzo a intervalli di qualche giorno una dall’altra. La cova inizia subito con la deposizione del primo uovo e in queste prime fasi la capacità della femmina di mantenere calde le uova è fondamentale per evitare che queste si raffreddino e l’embrione muoia. A tale proposito vi ricordo che il disturbo diretto alla cova dovuto a curiosi, vie d’arrampicata o fotografi maldestri (attenzione, l’aquila ha distanze di fuga di diverse centinaia di metri!) è una delle cause più frequenti di fallimento della cova; la femmina disturbata, infatti, si alza in volo e conseguentemente le uova si possono raffreddare o, se i pulli sono già nati, possono morire per insolazione o fame.
Durante la cova è il maschio che si occupa di procurare il cibo, portando il frutto delle proprie fatiche venatorie in posatoi vicini al nido dove la femmina va ad alimentarsi (questo per evitare che le uova possano rompersi). Mentre la femmina è fuori per mangiare è il maschio che la sostituisce nella cova.
I pulli nascono dopo circa 42 giorni e, siccome le uova sono state deposte a intervalli di qualche giorno, ci sarà sempre un pullo che nasce per primo e che dunque inizia a mangiare prima.
Questo primo nato farà sempre valere le proprie dimensioni nei confronti dei fratelli, che in condizioni normali sono dei “panchinari” destinati a non sopravvivere a meno che i fratelli più vecchi non muoiano, per cui normalmente solo un piccolo è destinato a sopravvivere fino all’involo (anche se in casi eccezionali viene portato all’involo più di un pullo).
L’involo avviene circa alla metà di Luglio. Via via che il pullo cresce la presenza dei genitori al nido è sempre meno assidua. Dalla presenza costante per proteggerlo dal freddo e dal sole dei primi tempi si arriva alla presenza solo per portare cibo, finché un bel giorno…le prede catturate non vengono più portate la nido ma lasciate su un posatoio poco distante. Chi vuol intendere intenda, caro il mio pullo! quando la fame si fa sentire, comincia a scemare il timore per il primo volo ed ecco che, ancora incerto sulle sue ali fresche, un nuovo aquilotto si avvia verso la vita.
Il giovane rimane con la coppia per i primi mesi di vita, in cui deve apprendere le tecniche di caccia poi verso Novembre viene attivamente cacciato ed inizia il viaggio di dispersione verso territori non occupati, per fondare una nuova coppia territoriale.
Da Febbraio il ciclo ricomincia con i primi voli e parate nuziali che servono a rinsaldare il legame di coppia e a mostrare ad altre aquile che quel territorio è occupato, e con la scelta e il rinverdimento del sito di nidificazione.
L’aquila è un eccellente volatore. Viste le dimensioni notevoli di solito il volo avviene senza battito di ali, ottenendo il massimo risparmio energetico con una combinazione di volteggio che permette all’animale di salire in quota sfruttando le correnti termiche e volo planato che, attuato abbandonando la termica alla giusta quota, permette all’aquila per spostarsi orizzontalmente sostenuta dalla portanza delle ali per decine di km senza un solo battito d’ala.
Oltre al volteggio e scivolata (o planata) esistono anche altre forme spettacolari di volo: il volo a paracadute, una discesa controllata ad ali semichiuse, la picchiata, usata in caccia per sorprendere le prede, e il cosiddetto volo a festoni, costituito da una veloce alternanza di rapide picchiate e ripide risalite, utilizzato durante le parate nuziali e come volo di marcatura territoriale.
Le prede dell’aquila sono costituite da mammiferi di medie dimensioni (dal ghiro al capriolo passando per la marmotta, sua preda d’elezione), da uccelli e più raramente rettili che caccia attivamente solitamente sorprendendoli e ghermendoli al suolo (o sulla cima degli alberi come più volte Giorgio ha visto fare con ghiri e scoiattoli), per poi ucciderli con il robusto becco o facendoli cadere dall’alto, oppure come nel caso di alcuni ungulati rupicoli, cercando di farli precipitare nel vuoto.
Talvolta la caccia avviene in coppia, con uno degli individui che “rastrella” il terreno volando basso e l’altro che, da un posatoio o volando più alto, rimane pronto a precipitarsi sulle prede mosse dal battitore.
La via dei monti è sempre in cammino! stiamo preparando i testi di questa sezione che saranno pronti a breve
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