Storia dell’alpinismo modenese #4

Le escursioni ai tempi del coronavirus

Degli anni ’60 abbiamo ricordato solo alcune vie. Molti altri itinerari invernali divenuti poi classici sono stati saliti in questo decennio, ma non si hanno notizie dettagliate.

Ci congediamo dai “magnifici Anni Sessanta” ricordando una salita al Libro Aperto. Il selvaggio Canalone Botre viene violato da A. Bafile, partendo dalla località La Secchia e risalendo la parete sudovest (ben visibile dalla piazza dell’Abetone) fino in cima al Belvedere 1896 m. Anche in questo caso non ci sono giunte notizie più dettagliate. Il versante meridionale del Libro Aperto si trova in territorio toscano, ma è giusto riportare questa salita, essendo il Libro Aperto una montagna cara agli escursionisti modenesi.

I freddi Anni Settanta: si completa la triade di canali sulla parete nordest del Giovo.

Gli anni ’60 avevano suggerito la strada: si era capito che era l’inverno la stagione ideale per l’alpinismo sulle montagne principali dell’Appennino modenese. La neve appenninica, subendo molte trasformazioni a causa del frequente alternarsi di gelo e disgelo, inoltre spesso ulteriormente modificata da episodi di pioggia fino ad alta quota, risulta terreno ideale per la progressione con piccozza e ramponi. Le poche pareti rocciose, formate da arenaria con blocchi molto compatti alternati a fasce decisamente più friabili e miste ad erba (arenaria “Macigno” e arenaria “di Monte Modino”, geologicamente parlando), risultano pericolose da approcciare in estate a causa della friabilità, ma perfette per le scalate invernali, grazie a neve e ghiaccio che rendono il terreno più stabile e sicuro.

Gli Anni Settanta, poi, sono caratterizzati da una serie di inverni particolarmente freddi e nevosi. Le perturbazioni Nordatlantiche che entrano sull’alto Tirreno dalla “porta del Rodano” scaricano sulle alte montagne modenesi ingenti quantitativi di neve. Queste perturbazioni si alternano a frequenti comparsate dell’Anticiclone russo-siberiano, che garantisce bel tempo ma temperature gelide. In questo modo l’Appennino si trasforma, e l’aspetto delle nostre piccole montagne diventa molto simile a quello dei maggiori 4000 delle Alpi.

Sono inverni di grande attività alpinistica in tutte le province emiliane, si scopre finalmente che si può fare alpinismo di buon livello anche in Appennino!

Come ricordano Montorsi e Barbieri nei loro scritti citati in precedenza, gli alpinisti “appenninisti” degli anni ’70 furono da un lato svantaggiati, ma da un lato avvantaggiati rispetto agli appenninisti attuali. Svantaggiati, per l’attrezzatura spartana e meno tecnica di quella odierna; non a caso le difficoltà massime che si riuscivano a superare quaranta e cinquanta anni fa erano ben minori di quelle attuali. Avvantaggiati, perché il maggiore innevamento medio di allora faceva sì che il fondo dei canaloni si trovasse in condizioni più dolci rispetto a quelle medie odierne, per cui spesso si trovavano pendenze più lievi e risalti meno verticali grazie ai grandi accumuli di neve.

Nel modenese, era ormai diventato il Giovo la montagna per antonomasia per praticare alpinismo invernale. Gli alpinisti individuano nella parete nordest, incisa da vari canali oltre al già classico Centrale, il luogo ideale.

Il 13.3.1977 F. Bertoncelli e R. Ferraguti salgono il Canale della Forcella, a sinistra (faccia a monte) del Centrale; lo chiamano così perché l’uscita superiore è su una forcella intagliata tra piccole guglie di roccia, in ambiente molto alpino. Il Canale sinistro del Giovo, come è comunemente conosciuto adesso, è diventato l’alter ego del Centrale, sia come difficoltà (AD+, 80°) che come numero di ripetizioni.

La triade di canali classici della parete è completata sempre da Bertoncelli, stavolta in compagnia di S. Leporati e S. Burani, il 4.2.1979. I tre salgono il canale di destra, noto come Canale della Boccaia perché sovrasta l’omonimo valico, anche se oggi è più conosciuto come Canale destro del Giovo. Decisamente più facile del Centrale e del Sinistro, probabilmente era stato già salito, ma nelle nebbie della storia alpinistica della zona non sono emerse notizie certe di cordate precedenti.

Così come non conosciamo il nome dei primi alpinisti che hanno per primi salito tanti altri canali divenuti grandi classiche invernali, i più famosi dei quali sono i Canaloni del Lago Baccio, meglio noti come Canali del Triangolo, a destra e sinistra del Pilastro del Triangolo, nella parete est-sudest del Giovo (o Bastionata della Grotta Rosa che dir si voglia).

È tempo di sci ripido nei nevosi ’80.

Escursionismo, arrampicata in falesia, scialpinismo, canali invernali…con la fine degli anni ’70 le attività alpinistiche praticabili in Appennino modenese sono diventate numerose, anche se ancora non sono “sport di massa”. A conferma di questa evoluzione, nel 1977 a Modena e Reggio Emilia nascono le prime squadre emiliano-romagnole del Corpo Nazionale di Soccorso Alpino.

Gli Anni Ottanta sono caratterizzati da alcune annate eccezionalmente nevose anche in pianura, culminate nel celebre episodio del gennaio 1985, ancora nella memoria di molti (anche se nelle alte valli dell’Appennino risultarono più nevosi gli inverni del 1984 e del 1986). Annate del genere favoriscono il protrarsi fino a tardissima primavera (in alcuni casi fino ai primi di giugno!) delle gite scialpinistiche. È proprio in queste primavere con tanta neve che alcuni forti sciatori alpinisti compiono le prime discese con gli sci di itinerari percorsi solitamente in salita con piccozze e ramponi. È il cosiddetto sci ripido, la variante più estrema dello scialpinismo.

Una prima “impresa” importante è quella di A. Costi, che nel marzo 1982 effettua la  discesa sciistica della Diretta alla Croce sul Monte Giovo (55°).

Sempre nel Gruppo del Giovo, il 25.4.1983 S. Fini e C. Labardi scendono il Canale destro dell’Altaretto, che presenta pendenze fino a 50°.

Aprile sale in cattedra come mese ideale: la neve in quegli anni abbonda e addolcisce le pendenze dei canali, il manto in quelle primavere si presenta ben assestato e adatto a discese di questo tipo. L’impresa più bella è forse quella di L. Parmeggiani, che il 15.4.1984 effettua la prima discesa sciistica certa del Canale centrale del Giovo (pendenze massime di 80°, ma forse quel giorno Parmeggiani trovò condizioni meno severe delle normali grazie ai grandi accumuli di neve).

Sono annate talmente generose che si possono compiere discese sciistiche in piena primavera persino nei versanti meridionali. Nell’aprile 1987 M. Dianda, R. Simoncini e M. Castellani effettuano la prima discesa del Canale di Bacoleta nel versante toscano del Giovo. Pendenze abbastanza  modeste (50°), ma canale stretto tra rocce in esposizione sudovest. È evidente che le condizioni di quelle annate erano davvero particolari.

Come è evidente che il Gruppo del Monte Giovo è anche in questo caso il vero re dell’Appennino modenese (non ce ne voglia il Cimone, pur più alto e famoso).

Per completezza di informazione ricordiamo anche il Monte Gomito 1892 m, nel gruppo dell’Alpe Tre Potenze e sul crinale tosco emiliano. Pur sullo spartiacque geografico e storicamente in parte modenese, la zona è interamente passata alla Toscana (Pistoia) in epoca fascista. Il versante nord fa parte del comprensorio sciistico della Val di Luce (Abetone), mentre il versante sud ricade dirupato e solcato da canali sulla selvaggia e appartata Val Sestaione. E proprio in questo versante ritroviamo in azione due grandi sciatori lucchesi, Marileno Dianda e Marco Castellani. Il 3.3.1987, un mese prima di scendere il Canale di Bacoleta sul Giovo sopra citato, sono in azione sulla parete sud del Gomito. Scendono un lungo canale con inclinazioni massime di 50°, e lo battezzano Canale dei Filosofi. Il 30.1.1988 l’impresa più bella di Dianda e Castellani. La prima discesa sciistica del canale più ripido sulla parete sud del Gomito: lo chiamano Canale della Solitudine (55°). Da notare che questi canali, con molta probabilità, non erano stati percorsi da nessuno nemmeno in salita.

Alla fine degli Anni Ottanta due inverni “marroni” (1988-89 e 1989-90) sono i precursori del “global warming” sull’Appennino modenese. Finisce l’epopea d’oro dello sci ripido, ma anche negli anni a venire rimarrà comunque l’inverno la stagione ideale per l’alpinismo sui monti nostrani.

Continua…

Francesco Rosati

Guida Ambientale Escursionistica La via dei monti


Questo articolo fa parte del ciclo di storie “Le escursioni ai tempi del coronavirus”: una raccolta di aneddoti, racconti e nozioni naturalistiche online a cura delle Guide Escursionistiche de La via dei monti, per tenervi compagnia in questo momento di digiuno dalle escursioni. Leggerli sarà come partecipare ad una camminata virtuale con le nostre guide, pur restando a casa, in attesa di ritrovarci presto per sentieri.

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