La nevicata del Maggio 2019

GIORNI EPICI IN APPENNINO

 

5 e 6 maggio 2019: giornate da libri di storia in Appennino modenese. Storia meteorologica, s’intende. Pur con alcuni piccoli disagi soprattutto per noi che ci abitiamo, alla fine siamo anche felici di averli vissuti. Neve fino in bassa collina, neve copiosa dall’alta collina in su, bufere da far invidia al pieno inverno nelle valli più alte incastonate ai piedi del Cimone e delle creste tosco-emiliane. Non succedeva da decenni, e probabilmente non succederà di nuovo per parecchio tempo.

 

Maggio, cosa è lecito aspettarsi dall’ultimo mese della primavera meteorologica?

Secondo le medie climatiche dei decenni passati, maggio è un mese mite (in pianura), fresco (in montagna) e piovoso (in tutta la provincia di Modena). Non devono stupire gli ultimi freddi (deboli gelate notturne in alta quota non sono rare), e nemmeno i primi caldi (qualche picco termico sui 30 gradi in pianura). E non devono stupire le abbondanti precipitazioni. In maggio le perturbazioni atlantiche sono ancora molto vigorose alle nostre latitudini, inoltre le precipitazioni possono assumere carattere temporalesco sempre più frequentemente con il passare delle settimane, e così risultano violente. In pianura il picco delle piogge primaverili si ha spesso proprio a maggio, più che in aprile. Sulle cime più alte, nevicate “maggioline” avvengono da sempre. Quello che abbiamo vissuto il 5 e 6 maggio 2019 non rientra però in questi canoni medi.

 

Neve a maggio in Appennino, rara ma non rarissima.

Premesso che per Appennino si intende qualsiasi rilievo dalla pedemontana fino ai 2165 m slm del Cimone, è ovvio che una nevicata in maggio sul Cimone non sia affatto rara, mentre l’imbiancata nella valle del Secchia o in quella del Panàro a meno di 200 m di quota di domenica 5 maggio 2019 sia un fatto storico. In maggio le cime più alte della nostra provincia, oltre che ancora bianche per i residui di neve vecchia invernale, sono sovente teatro di deboli rovesci nevosi tardivi, di stampo primaverile. Senza dover risalire a  ere glaciali remote, rimaniamo alle osservazioni de La via dei monti negli ultimissimi anni.

Il 21 e 22 maggio 2015 tutte le vette più alte (sopra i 1900 m) furono imbiancate da rovesci nevosi. Nel 2016 il Primo maggio nevicò al Lago Santo, il 19 e il 23 furono nuovamente imbiancate le cime più alte. Nel 2017 fu il turno del 3 e 4 maggio per una spolverata di neve fresca su Rondinaio, Giovo, Cimone, Libro Aperto.

In anni addietro, fecero scalpore le nevicate e il freddo di fine maggio 2013; l’Abetone imbiancato nel 1995 addirittura dopo il Solstizio d’Estate (23 giugno); per non parlare del 2 giugno 2006, quando la neve si spinse a 1000 m e sui prati fioriti attecchirono 2-3 cm di coltre bianca.

Quelli citati sono però tutti episodi con caratteristiche di burrasche primaverili, alcune particolarmente tardive ma pur sempre primaverili. Fronti freddi nordatlantici che raggiungono le nostre latitudini e dispensano temperature basse per il periodo, con tanto di deboli nevicate in montagna.

L’episodio del 5-6 maggio 2019 è però di tutt’altra natura: in questo caso stiamo parlando di una situazione meteorologica di stampo pienamente invernale, evento molto raro già in aprile, figuriamoci in maggio.

 

Cosa è realmente successo il 5 e 6 maggio 2019?

Un fronte freddo di origine artica marittima ha valicato le Alpi. L’aria gelida si è inserita nella “porta del Rodano”, raggiungendo l’Appennino modenese nella notte tra sabato 4 e domenica 5, e provocando forti temporali, con pioggia copiosa e grandine. Reagendo con le tiepide acque mediterranee, l’aria artica ha provocato la formazione di una Depressione sul Centritalia, e un fronte occluso si è arricciato proprio sull’Emilia-Romagna, richiamando ulteriore aria fredda dalla penisola balcanica. Sul mare Adriatico si è attivata una tesa “Bora scura” (vento da nordest) che ha addossato abbondanti precipitazioni piovose nella pianura modenese, e un limite delle nevicate a quota eccezionalmente bassa per il periodo (150-200 m slm). Eccezionale è stata anche la quantità di neve caduta nell’alto Appennino, con accumuli impressionanti per il mese di maggio. Segnaliamo in particolare i 55 cm di neve fresca caduti in meno di 24 ore nel nostro “osservatorio meteo” privilegiato di Le Tagliole, località Fatalcina, a quote di 1180-1200 m slm. Incredibile!

 

Riscritta la storia meteorologica.

Pur senza buttarci in politica e tenendoci ben lontani da “risse meteorologiche” che ultimamente vanno di moda, ci tocca smentire sia i catastrofisti che i negazionisti dei cambiamenti climatici. E’ stato un evento legato all’innegabile cambiamento climatico in atto? Forse. O forse no. Impossibile stabilire se ci sia una connessione. Però in anni ben lontani dal global warming successe qualcosa di simile. E in effetti dovrebbe essere logico che, in periodi climatici più freddi, simili sfuriate invernali tardive fossero più frequenti.

Il 7 maggio 1957 una eccezionale ondata di gelo colpì tutta l’Italia, comprese le nostre zone, con freddo invernale, gelate in pianura e nevicate a quote basse. Il 6 maggio 1963 vennero addirittura imbiancate le città della pianura interna romagnola, con circa 5 cm di neve a Cesena, Forlì e Faenza. Certo, nulla a che vedere con il mitico 6 maggio 1861, quando l’Osservatorio Geofisico di Modena misurò ben 10 cm di neve fresca; e non osiamo pensare quanta neve possa essere caduta nelle località dell’alto Appennino in quella giornata di 158 anni fa! Comunque, senza scomodare i freddi anni Sessanta del XIX secolo e tornando al più tiepido clima recente, una cosa è certa: il 5 e 6 maggio 2019 sono entrati con prepotenza nella storia meteorologica dell’Appennino modenese.

Qualche disagio c’è innegabilmente stato. Ma questo ci ricorda quanto la natura sia imprevedibile e ingovernabile. E’ l’uomo viziato che deve adattarsi a essa, non viceversa. I fenomeni meteorologici sono una delle massime espressioni della natura selvaggia, e noi siamo felici di essere stati testimoni oculari di un evento storico. Giorni epici.

 

 

Francesco Rosati

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